Stoccaggi gas: i rischi dell’aggravio in bolletta
Per arrivare al 90% di riempimento servirebbero 12 mld di euro ai prezzi attuali. Il Mite non si sbilancia sui contratti a 2 vie mentre il premio giacenza costerebbe fino a 600 mln di euro
Il numero da prendere a riferimento è il 90%: ossia il target di riempimento degli stoccaggi gas stabilito dal decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17 (DL Energia). Una misura che, come noto, serve a metterci al riparo da possibili stop all’import di gas Russo, ma che potrebbe costare cara ai consumatori italiani.
Partendo dai dati del gas in stock al 31 marzo 2022 (circa 59 TWh), bisogna recuperare 120 TWh. Moltiplicato per la media dei prezzi Ttf dall’inizi dell’anno, ossia circa 100 euro per MWh, l’investimento costerebbe sui 12 miliardi di euro.
Il problema è proprio che gli operatori non vogliono correre il rischio di acquistare ora il gas a questi livelli per poi magari doverlo rivendere a prezzi inferiori il prossimo autunno-inverno. E allora Governo e Autorità sono dovuti intervenire con degli incentivi.
Inizialmente l’ARERA si era limitata ad introdurre un “premio di giacenza” di 5 euro/MWh. Per calcolare l’impatto in tariffa basterebbe moltiplicare tale cifra per i 120 TWh: quindi 600 mln di euro complessivi.
Ma la misura ha prodotto risultati modesti, motivo per cui L’ARERA ha deciso di percorrere anche la strada alternativa dei contratti per differenze a due vie, che in sostanza coprono gli operatori proprio dal gap tra prezzi attuali e futuri. Una misura che l’Autorità aveva inizialmente tenuto in stand-by perché potrebbe “generare rilevanti oneri per il sistema”.
Come sottolineato dal direttore Energia Massimo Ricci, “sui consumatori si scarica parte del costo ma anche una parte rilevante del rischio, perché se i prezzi dovessero scendere rispetto ai livelli attuali, peraltro molto elevati e difficilmente sostenibili dall’economia, il consumatore si troverebbe a coprire la differenza”.
Ma è stimabile questo impatto? Lo scorso 27 aprile, rispondendo a un’interrogazione del capogruppo M5S alla Camera Davide Crippa, la sottosegretaria del Mite Ilaria Fontana ha spiegato che “non risulta al momento possibile fornire una stima puntuale, tenuto conto sia delle continue fluttuazioni del prezzo del gas ‘a pronti’ e del valore del prezzo della risorsa ‘a termine’ nei mesi invernali del 2023, sia della circostanza che l’ARERA è attualmente ancora impegnata nella definizione delle modalità attuative”.
Crippa ha parlato di “stime di 600 mln di euro – 1 mld di euro”. Per l’esponente M5S “la soluzione più logica ed efficace sarebbe stata quella di sostenere con un’anticipazione i costi affrontati da queste imprese per l’attività richiesta, ma senza corrispondere loro una cifra extra post a carico dei contribuenti, già in difficoltà per i rincari fuori controllo. Remunerare queste aziende, per giunta senza una valutazione preventiva del costo totale dell’operazione, e caricare sui consumatori il rischio di imprese a partecipazione pubblica è un errore che in questa fase di drammatica emergenza non possiamo permetterci”.
C’è comunque da dire che in casi di “eventi che possano pregiudicare il sistema di approvvigionamento del sistema del gas ovvero in caso di tensioni di prezzo”, l’Autorità si è riservata di “intervenire al fine di limitare gli impatti sul sistema e sugli operatori derivanti dall’esecuzione dei CD2V”.
Ma stanno producendo risultati tali strumenti? Sulle aste mensili di Stogit praticamente nessuno. Sembrano invece più promettenti gli effetti sui conferimenti settimanali e giornalieri: in base ai dati di Gas Infrastructure Europe aggiornati al 21 maggio, l’Italia ha raggiunto un livello di riempimento degli stoccaggi del 46,5%, contro una media Ue del 42,6%.
Ma se anche i contatti a due vie non dovessero bastare a raggiungere il target del 90%? “Una regolazione più stringente basata su obblighi di stoccaggio è una possibile ultima opzione”, sottolinea l’ARERA.